Lo sviluppo
delle benzodiazepine (BDZ) è stato un momento
fondamentale nel progresso della moderna psicofarmacologia. La loro scoperta,
tuttavia, non fu casuale. I bromuri e
l’idrato di cloralio avevano sostituito l’oppio, una droga
estremamente pericolosa. Negli anni ’30 anche queste sostanze furono sostituite
dai barbiturici ma ben presto ci si accorse che anche questi farmaci davano
dipendenza ed erano potenzialmente letali in caso di sovradosaggio. Si era alla
ricerca di nuove molecole. Vennero così utilizzate le fenotiazine, come la
clormetazina, una fenotiazina dotata sia di attività neurolettica che
antistaminica. Il chirurgo francese Laborit e i suoi collaboratori scoprirono
la capacità di questo farmaco di potenziare gli effetti dell'anestesia. Essi
notarono che la clorpromazina di per sé non produceva perdita di coscienza, ma
favoriva la tendenza al sonno e un marcato disinteresse per l'ambiente
circostante. Fu così che nel 1952 gli psichiatri Delay e Deniker ipotizzarono
che la clorpromazina, non solo fosse un agente capace di risolvere in modo
sintomatico agitazione e ansia ma che potesse avere anche un effetto
terapeutico nel trattamento delle psicosi. Era chiaro, tuttavia, che anche
questa classe di farmaci avesse molti effetti collaterali per essere utilizzata
al di fuori del regime ospedaliero.
Nel 1955, dopo un anno dall’introduzione in
commercio, ebbe uno straordinario successo economico negli Stati Uniti una
nuova molecola, il meprobamato, la cui azione ansiolitica fu scoperta
dal ricercatore cecoslovacco Berger. Il nome commerciale Miltown, dal
nome della cittadina omonima, divenne ben presto molto popolare negli USA. Durante
gli anni '50, molte casalinghe si sentivano frustrate da una vita che sembrava
consistere esclusivamente in faccende costanti, pulizie e prendersi cura della
famiglia. Queste casalinghe frustrate iniziarono così ad assumere questo farmaco, che prometteva di far sparire tutti i
loro problemi.
Invece di cercare possibili cambiamenti di vita (come carriere part-time,
equilibrio tra lavoro e vita privata, aiuto domestico, ecc.), i medici di
famiglia di tutti gli Stati Uniti iniziarono a prescrivere alle casalinghe
degli anni '50 il Miltown . Le stesse pubblicità del Miltown erano
rivolte principalmente a donne e casalinghe, che a loro volta attraverso i
circoli sociali e di quartiere, sparsero la voce sull'efficacia di Miltown e
sui loro miracolosi miglioramenti dati dal nuovo farmaco. Alle casalinghe di
tutta la nazione veniva prescritto Miltown per "insonnia, ansia e
turbamenti emotivi", secondo la Wallace Laboratories, l'azienda che
produceva Miltown. Alle casalinghe fu detto che Miltown avrebbe reso la
loro gravidanza "un'esperienza più felice", come si vede nella
pubblicità vintage di Miltown, anche se ora sappiamo che Miltown è un farmaco che
aumenta il rischio di difetti alla
nascita e passa nel latte materno.
Pubblicità degli anni ’50 negli Stati
Uniti del Miltown
Le casalinghe degli anni '50 credevano che Miltown le avrebbe fatte sentire
meglio, avrebbe permesso loro di svolgere le faccende domestiche più facilmente
e avrebbe avuto una vita quotidiana più piacevole. Dal 1957, il farmaco è stato
prescritto in oltre 36 milioni ricette nei soli Stati Uniti, sono state
fabbricate un miliardo di pillole e si stima che siano state un terzo di tutte
quelle prescritte. Era considerato un ottimo ansiolitico che non determinava
gli effetti sedativi dei barbiturici. Ma nuove ricerche e sperimentazioni ne
minarono l’importanza in quanto non era in grado di dominare selettivamente
l’ansia, dava dipendenza ed era risultato tossico in gravidanza.
Intanto,
sulla scorta del successo del Miltown, le industrie fiutarono il grande business.
Le principali società farmaceutiche non si lasciarono sfuggire l’eco
dell’enorme successo economico del meprobamato. Tra queste la Roche Drug
Company Nutley, nel New Yersey, USA, si tuffò nella ricerca di nuove molecole
che riproducessero i presunti effetti ansiolitici del meprobamato.
La ricerca
stentava a decollare. Dato che nessuno aveva idea su come il meprobamato agisse
a livello molecolare nell’esercitare il suo potente effetto ansiolitico, i
chimici della Roche iniziarono a sintetizzare, quasi a caso, numerose sostanze
chimiche, da valutare nei topi e nelle cavie di laboratorio.
Nel 1941 giunse a
Nutley, un giovane ma tenace chimico, Leo Henryk Sternbach, che sarebbe
diventato nel giro di pochi anni uno dei più famosi ricercatori del mondo.
Leo Henryk
Sternbach, nacque il 7 maggio 1908 ad Abbazia (Opatija), un piccolo borgo
marinaro, situato nell’attuale Croazia. Era di origine ebrea, suo padre era
polacco e sua madre Ungherese. Da giovane raccoglieva polvere da sparo dei
proiettili inesplosi della Prima Guerra Mondiale e i prodotti chimici residui
dalla farmacia di suo padre per fare fuochi d’artificio. Dopo aver conseguito
il diploma di laurea in Chimica organica all’Università di Krakov, iniziò a
lavorare presso la Hoffmann-La Roche in Svizzera. La Roche lo aiutò ad emigrare
negli Stati Uniti nel 1941, quando molti scienziati ebrei lasciarono l’Europa
durante la Seconda Guerra Mondiale. Iniziò a lavorare, così, nei laboratori
della La Roche Pharmaceuticals nel New Jersey, USA. Sternbach aveva portato con sé dalla Svizzera
alcune sostanze chimiche, le chinazoline, elaborate per cercare un effetto
sedativo. Ma i risultati sulle cavie
erano stati deludenti. Continuò a lavorarci sopra anche in America, ma alla
fine del 1955, non era riuscito ad
identificarvi alcun potenziale terapeutico e non si preoccupò neppure di
sottoporre gli ultimi composti alle prove su animali. Ma una sera mentre
riordinava il suo laboratorio Sternbach trovò un’ultima chinazolina lasciata in
angolo e decise di buttarla. Ma per uno dei frequenti misteri che accompagnano
le scoperte scientifiche decise di darla al suo capo di farmacologia, Lowell
Randall che la sottopose a quelle prove che sono utilizzate per valutare
l’efficacia dei farmaci. Sternbach ricevette una relazione dal Randall, in cui
si affermava che “la sostanza ha effetti ipnotici, sedativi e
antistricninici nei topi simili al meprobamato”.
La sostanza
era anche molto più potente del meprobamato come rilassante muscolare nei
gatti. A differenza dei 40 composti di ossido di quinazolina inerte che lo
hanno preceduto, questa sostanza chimica, il clordiazepossido,
si è rivelata una 1,4-benzodiazepina con una struttura ad anelli a “sette
membri” e un grande potenziale clinico.
Dopo lo studio sugli
animali, il farmaco fu somministrato a pazienti geriatrici in dosi
relativamente elevate e risultò essere principalmente sedativo. Esso dava anche
atassia e confusione del linguaggio. Di conseguenza, l’interesse per il farmaco
diminuì fino a quando il dott. Irvin Cohen di Galveston, in Texas, ed
altri due ricercatori clinici accettarono di partecipare a sperimentazioni
cliniche del farmaco nei loro pazienti “psiconevrotici“. Tutti e tre
furono impressionati dall’azione ansiolitica del farmaco, che si manifestava
senza alcun annebbiamento di coscienza o disfunzione intellettuale. La
tossicità era minima e il successo dei test di Fase III di sperimentazione in
migliaia di pazienti in tre ambienti (carcere, clinica ed ambulatorio privato)
ha portato alla sua approvazione da parte della FDA nel
febbraio 1960. Un mese dopo, il farmaco venne commercializzato come Librium.
Nel 1958,
Hoffmann-La Roche brevettò un’altra benzodiazepina, chiamata diazepam, che
presto sarebbe diventata famosa in tutto il mondo come Valium. Il successo di
questa molecola fu enorme, tanto da soppiantare quasi completamente i “vecchi” barbiturici.
Nel 1975,
La-Roche iniziò a commercializzare clonazepam (nome commerciale, Rivotril); due
anni dopo, Wyeth Pharmaceuticals sintetizzò il lorazepam (marchi: Tavor,
Control, Ativan).
Ancora una
volta fu messa in atto una vera e propria campagna pubblicitaria destinata non solo
agli addetti ai lavori ma alla gente comune, come avvenuto per il Miltown. In
realtà qualcosa di simile era già avvenuto quando all’aspirina tedesca si era
contrapposto il paracetamolo americano. Nel caso delle benzodiazepine, tuttavia,
venne utilizzata una vera strategia di quello che oggi chiamiamo marketing.
Innanzitutto non contrapponeva due farmaci diversi come nel caso dell’aspirina
e del paracetamolo, ma farmaci appartenenti alla stessa famiglia. Clonazepam e
Lorazepam furono presentati ai medici e al pubblico come “diversi” dal Valium:
più sicuri, ad azione rapida, richiedevano dosaggi molto più bassi e
comportavano meno rischi. In realtà, le somiglianze di queste due molecole con
il Valium erano più importanti delle differenze, ma erano accentuate dai
produttori di farmaci. La trovata commercialmente più geniale fu quella indicarli
non più con la vecchia etichetta “tranquillante”, ma di coniare un nuovo
termine più generico, più rassicurante e meno “psichiatrizzato”: “ansiolitico”.
Ricordiamo che allora i farmaci psichiatrici si dividevano in due grandi
classi: tranquillanti maggiori, cioè i neurolettici o antipsicotici, e i
tranquillanti minori, quali appunto i barbiturici. Tuttavia (ed è un esempio la
clorpromazina) spesso i tranquillanti maggiori venivano prescritti anche per le
forme d’ansia, o nevrosi, avvicinandole nell’immaginario collettivo ai gravi disturbi psicotici e quindi alla
“pazzia”. Il termine generico di ansiolitico rendeva socialmente più
accettabile la terapia. Di fatto questa nuova denominazione suggeriva
falsamente una classe di farmaci completamente nuova, con una neurochimica
fondamentalmente diversa. Anche il fatto che fosse sottolineata la possibilità
di un dosaggio più basso li rendeva più “accettabili”: in realtà anche questo
aspetto era falso poiché i loro dosaggi più bassi mascheravano la potenza
notevolmente aumentata dei nuovi farmaci: 1 milligrammo di clonazepam e Alprazolam equivale a circa 20 milligrammi
di Valium come effetto sedativo.
L’introduzione
di queste nuove molecole destò l’interesse anche del mondo politico, tanto che
nel 1979, il senatore del Massachusetts Ted Kennedy si espresse sui pericoli
delle benzodiazepine, di cui il Valium era ancora il più noto. Paradossalmente,
questo intervento portò anziché ad un ridimensionamento di un uso sconsiderato
delle BDZ, a rimarcare una differenza, come abbiamo visto in realtà
inesistente, con le nuove molecole in termini di praticità e maneggevolezza.
Sternbach nel
frattempo continuava una straordinaria carriera. I profitti delle sue
invenzioni rappresentarono il 40% degli interi incassi annuali della Roche; la
maggior parte delle sue invenzioni furono straordinarie, così come le compresse
per l’insonnia (Dalmane, Mogadon), per l’epilessia (Klonopin), per combattere
il sanguinamento durante gli interventi chirurgici (Arfonad). Nonostante ciò
continuò con passione e in silenzio il proprio lavoro, senza diventare ricco. “Ciò
che è veramente importante è l’amore che ho per il mio lavoro. Ho avuto
successo poiché ho amato il mio lavoro e al quale mi sono completamente
dedicato, come ciascun vero artista. Ed essendo un chimico, ho trascorso la
maggior parte della mia vita nella speranza di poter fare una differenza”. La
sua carriera nella ricerca chimica fu contrassegnata da 241 brevetti, 122
pubblicazioni, sei libri e numerose onorificenze. Il U.S. News & World
Report lo nominò uno dei 25 più influenti americani del 20° secolo. Sternbach
continuò a lavorare nel suo laboratorio fino alla sua morte avvenuta il 28
settembre 2005 all’età di 97 anni.
BIBLIOGRAFIA
·
“The
Librium Story” di Dili Ramchandani, MD (Director, Consultation/Liaison
Service Department of Psychiatry and Behavioral Science, Temple
University Hospital, Philadelphia, PA)
·
Cassano
G.: Manuale di Psichiatria Ed. UTET,
2015
·
www.slideshare.net/AssociazioneNeamente/farmaco-storia-ansiolitici