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L’ANIMA FERITA E IL CORPO: MODALITA’ DI RELAZIONE TERAPEUTICA

08/05/2025 23:28

Dr.ssa Gaia Guggeri

psiche e soma,

L’ANIMA FERITA E IL CORPO: MODALITA’ DI RELAZIONE TERAPEUTICA

Il corpo ci permette, attraverso i sensi, di entrare in contatto , oltre che con noi stessi come visto, anche con gli altri. E’ il confine dall’esterno ma anche

Introduzione

Il dualismo anima – corpo affonda le radici nel platonismo ma ha trovato la sua radicalizzazione nel sistema delle scienze moderne che Cartesio ha inaugurato e nel quale, ancora oggi, l’occidente si identifica. Il corpo da oggetto che esplora con i suoi sensi il mondo, venne risolto in oggetto, relegato nella res extensa e inteso, al pari di tutti gli altri corpi, in base alle sue leggi fisiche. L’anima, sottratta ad ogni influenza corporea, venne pensata come puro intelletto, come ego intersoggettivo nel pensiero del quale c’è ogni possibile senso del mondo. Preparato dall’anima platonica, il cui unico desiderio era quello di liberarsi dal corpo e dal mondo, l’ego cogito di Cartesio è ciò che resta di un’astrazione preliminare che prescinde da tutto ciò che è corporeo e mondano. Non è più il mondo a dire di sé ma sono le funzioni anticipanti dell’ego a dire che cosa è il mondo. Diviso dall’anima, il corpo cominciò la sua storia come somma di parti senza interiorità e l’anima come interiorità senza distanze. Per Cartesio si esiste come cosa o come coscienza , come res extensa o come res cogitans. Ne risultava che lo stesso nostro corpo non è più il nostro punto di vista sul mondo ma un oggetto di questo mondo. I suoi sensi non sono la sua apertura sul mondo, la sua possibilità di abitarlo ma, scientificamente , organi e funzioni .

Il problema che nasce con lo studio della psicopatologia è quello di dare un habitus scientifico ai meccanismi alla base dei disturbi psicopatologici. Noi possiamo concepire ed indagare solo ciò che è oggettivo e l’anima non può essere oggetto. Essa diventa tale mediante le sue manifestazioni percettibili nel mondo: fenomeni concomitanti somatici, espressioni comprensibili, comportamenti , azioni; si manifesta inoltre tramite la comunicazione verbale. Ma l’anima di per sé non diventa oggetto. La sperimentiamo in noi come esperienza interiore cosciente e quindi raffiguriamo l’esperienza interiore degli altri sia mediante manifestazioni obiettive, sia mediante la comunicazione delle loro proprie esperienze.

Eppure il corpo è l’unica parte del mondo che venga sentita contemporaneamente dall’interno e percepita alla superficie: sono cosciente del mio corpo come della mia esistenza e contemporaneamente lo vedo con gli occhi e lo tocco esso; è un oggetto per me ed io sono questo corpo stesso.

Agli studenti di medicina insegnano a compilare una cartella clinica e a raccogliere una buona analisi fisiologica. Lo scopo è intuitivo e non lascia spazio al dubbio sulla sua utilità, cioè conoscere la storia clinica e organica del paziente. In psichiatria quale utilità può avere tale raccolta di informazioni per un paziente psichiatrico? A cosa serve ad esempio sapere se era nato a termine e con quale tipo di parto, se era stato allattato al seno rispetto all’importanza di una eventuale sintomatologia attuale? In realtà può essere importante avere queste informazioni  per valutare lo sviluppo psicofisico di un bambino, la quantità e la qualità delle cure parentali e cioè come e in che modo da bambino il suo corpo era stato toccato, accarezzato, manipolato. Questo non è che un piccolo esempio che dimostra quanto il corpo non possa essere considerato altro dalla mente, dall’anima e dimostra altresì , come il corpo possa essere un valido vettore per giungere all’emozione, ai sentimenti e alle loro espressione.

UTILIZZO DEL CORPO COME VEICOLO DELLA SOFFERENZA PSICHICA

D’altra parte è pratica comune osservare come molti pazienti esprimano la loro sofferenza attraverso il soma. I pazienti con Disturbo Istrionico di personalità, così come anche i soggetti con gravi Disturbi dell’umore sino ai pazienti gravemente psicotici, portano una serie di sintomi organici che richiedono in primis, un accudimento del corpo. Mi è capitato di osservare un paziente gravemente dissociato che non si lavava perché è convinto che l’acqua lo avrebbe “sciolto”: era evidente che la coltre di sporcizia era per lui necessaria al fine di evitare una totale disgregazione del sé, una disgregazione sì psichica ma assolutamente vissuta a livello corporeo dal paziente che sperimentava un’assenza di limiti tra sé e mondo esterno. Un contenimento affettivo ed empatico nel tempo era riuscito a sostituire il contenimento effettuato dallo sporco che il paziente era riuscito a eliminare .

 

CORPO E FARMACI

Anche l’utilizzo dei farmaci ha a che fare con il corpo e non solo inteso come sostanza estranea che viene somministrata ma anche come modalità relazionale con il paziente. Il farmaco può assumere diversi significati, dall’oggetto buono e introiettato a quello cattivo che modifica, manipola e schiaccia il paziente. L’antipsichiatria ha spesso demonizzato il farmaco e, nei reparti di psichiatria, la somministrazione forzata di questo come atto che andava contro la dignità del paziente. Pur essendo ormai appurato che la patologia psichiatrica non sia riconducibile solo  ad una carenza o ad un eccesso di neurotrasmettitori, è anche vero che il farmaco in molti casi sia indispensabile perché alla base di certe manifestazioni psicopatologiche c’è una tale sofferenza e un tale stato di angoscia da parte del paziente che solo la somministrazione di un farmaco può in parte lenire in tempi brevi. Se questo è vero nei reparti di psichiatria, lo è altrettanto nelle psicoterapie quando il sintomo impedisce il progredire del lavoro psicoterapeutico.

La formazione medica e la biologia hanno spesso avuto il sopravvento sulle funzioni psichiche dei soggetti e se da un lato questo ha avuto l’indubbio vantaggio di accedere ai meccanismi biologici alterati per riportarli al normale funzionamento , dall’altro ho avuto il grosso limite di ridurre il disagio psichico ed un mero aumento o diminuzione del neurotrasmettitore interessato, relegando in secondo piano l’importanza della relazione tra medico e paziente. Il corpo ci permette, attraverso i sensi, di entrare in contatto , oltre che con noi stessi come visto, anche con gli altri. E’ il confine dall’esterno ma anche l’unica via di approccio verso l’interno; ci difende e ci espone, ci attacca e lo attacchiamo. L’incontro tra paziente medico è prima di tutto un incontro tra due corpi dietro i quali esiste un mondo soggettivo tutto da scoprire. Tuttavia , come nelle matrioske, l’involucro corpo è a sua volta all’interno di un involucro più grande,  le mura dello studio o del reparto e per il medico il camice, (inteso come funzione di cura). È impensabile poter prescindere da tanti e tali involucri nel rapporto tra medico e paziente, tuttavia tali strati non devono essere sempre e solo considerati come sovrastrutture atte a mantenere le distanze. Questo lo si vede soprattutto nel reparto di psichiatria, il luogo di cura: e se è vero che può essere vissuto come limitante della libertà è anche vero che è un luogo che protegge, è uno spazio che accoglie, che limita non solo la persona ma anche la sofferenza della persona, le sue angosce, le sue paure,  è il luogo dell’accudimento che passa anche necessariamente da un accudimento fisico dal corpo per poi giungere alla cura dell’anima. Ma questo avviene anche nello studio dello psichiatra o in quello dello psicoterapeuta. Spesso la relazione si gioca già al primo incontro e nel primo incontro ci si relaziona primariamente con il corpo a numerosi livelli. Per il medico un primo livello può essere considerato quello diagnostico: un corpo sporco, provato, denutrito o al contrario e ipercurato, abbigliato in modo eccentrico e bizzarro può fornire importanti elementi per la diagnosi ma questo è come tentare di recensire un libro fermandosi al titolo e alla copertina : forse intuiamo quello di cui parlerà ma finché non lo sfogliamo  non sapremo mai cosa in realtà c’è dentro, che storia racconta al suo interno. Un secondo livello è dato dall’atteggiamento di questo corpo cioè come sta nel mondo e come si pone verso l’altro : il soggetto può essere ritirato, potrà fare fatica a parlare di sé, potrà assumere atteggiamenti di difesa o, al contrario, di apertura,  magari sarà un corpo agitato, aggressivo oppure remissivo e passivo, sarà quindi un corpo che avrà primariamente bisogno di cure mediche per renderlo più tranquillo o meno triste o meno angosciato e spaventato dalla sua realtà fantasmatica, che sarà curato, accudito  e rassicurato; eppure se dietro questo corpo non riusciamo a vedere le ferite dell’anima il turbinio di emozioni e di sentimenti ,di paure,  di angosce e di speranze o di mancanza di speranze, se non riusciamo a vedere e ad entrare in contatto con l’anima disorganizzata, destrutturata, fatta a pezzi da un’angoscia panica inimmaginabile non riusciremo mai a entrare in una vera relazione terapeutica con il paziente.  Così lo studio dello psichiatra assume la connotazione del luogo di contenimento delle emozioni, spesso inaccettabili e devastanti per il soggetto che le sperimenta, del luogo della cura, dove la persona può permettersi di essere malata senza giudizi e pregiudizi, senza eccessive sollecitazioni e richieste di normalità , dove può permettersi che qualcuno si prenda cura di lei, dei suoi bisogni primari, del suo corpo provato e della sua anima ferita.

 

     Iscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi di Como n° 4981  -   Iscritta all'Albo degli Psicoterapeuti di Como

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