1. ANTIDEPRESSIVI: PER NON AVERNE PAURA IMPARIAMO A CONOSCERLI
Perché parlare ancora di depressione?
Perché, ancora oggi, c’è una grande
confusione e una grande paura rispetto a questa patologia, sostenute da scarse
conoscenze e da notizie spesso false e non corroborate da alcuna veridicità
scientifica. Avete visto il servizio
delle Iene del 3 dicembre 2019 sull’uso e abuso di farmaci? Senza entrare nel
merito, possiamo solo dire che spesso una informazione confusa, superficiale,
sensazionalistica, a stampo complottistico, anche ammessa la buona fede, può
implementare i dubbi, le paure e le insicurezze che un argomento così
importante e così delicato già di per sé suscita.
Innanzitutto è importante capire cosa significa la parola “depressione”, spesso utilizzata in modo improprio perché fa riferimento ad uno stato d’animo che nulla ha a che fare con la malattia. L’umore depresso è uno dei segni presenti nella Sindrome depressiva, che, proprio per il fatto di essere una Sindrome, è caratterizzata dalla presenza di diversi sintomi contemporaneamente per un tempo sufficiente.
Sarebbe, quindi, più corretto parlare di tristezza, quando gli eventi di vita ci portano a sperimentare un sentimento (e quindi non un sintomo): si può essere tristi per la fine di un amore, per un litigio, per difficoltà lavorative senza per questo essere depressi. Quando, però, questa tristezza diventa talmente potente da andare a intaccare le funzionalità sociali, lavorative, interpersonali, i nostri stessi pensieri allora bisogna stare allerta e rivolgersi a un medico. Questo perché la Depressione è “tossica”, cioè è un disturbo che, magari in modo subdolo e poco evidente, piano piano si insinua nella nostra vita, intossicandola e rendendola sempre meno vivibile.
Perché, allora, c’è ancora questa paura dei farmaci per curarla? Perché ancora oggi sentiamo dire che “ci vuole solo un po’ di buona volontà” per uscirne? Tra le tante cause, una delle principali è che ci si dimentica che stiamo parlando di un organo, il cervello. Se partiamo da questo presupposto paradossalmente diventa quasi secondario parlare di ambiente o di storia personale o di evento “depressogeno”. Tutto quanto avviene intorno a noi è comunque mediato dal cervello, in uno scambio reciproco: certe funzioni cognitive hanno influenzato la plasticità del cervello il quale a sua volta influenza il mondo esterno. Ad esempio, vi è mai capitato di provare sensazioni sgradevoli, di sentirvi “depressi” per situazioni che, in altri momenti, non vi avrebbero suscitato quelle medesime emozioni? Perché in alcuni momenti ci sentiamo più vulnerabili in altri possiamo sopportare avversità e problemi ben più importanti? Il nostro funzionamento influenza il modo in cui cerchiamo e svolgiamo le nostre interazioni, per cui un “trauma” ad esempio può dipendere sia da ciò che ci ha offeso, sia da come eravamo predisposti verso l'offesa ricevuta. Questo avviene perché si tende a tenere divisi il cervello-organo dalla “mente”, interpretata come espressione del cervello e come qualcosa di astratto e quindi non risponde a qualcosa di molto concreto come la chimica farmacologica. “Le emozioni, allo stesso modo dei movimenti che compiamo ogni giorno, sono basate su circuiti nervosi ben precisi. Strutture specifiche, la cui sede è identificabile all’interno del cervello”. Paul Donald McLean nel 1962 scrive la teoria dl cervello tripartitario dell’encefalo e lo suddivide in tre zone che rispecchiano le tre fasi dell’evoluzione dell’uomo.
Il primo cervello è
il più piccolo e posto alla base del cranio e risale al periodo australopiteco (500 milioni di anni fa) ed è chiamato anche rettilano o arcaico.
Il secondo cervello che si sviluppa è quello limbico o emotivo e risale a 200-300 milioni di anni fa; si trova sopra il cervello arcaico e rappresenta quella zona riservata alle emozioni, ai ricordi, all’istinto gregario e al primo apprendimento. Fa parte di questo cervello l’amigdala, deputata a “processare” tutti gli stati emotivi.
Il terzo cervello risale al periodo neolitico ed è chiamato neocorticale o cognitivo. Qui lavora il pensieo critico, la ragione e il linguaggio.
Joseph LeDoux ha dimostrato la centralità delle emozione nell’amigdala. I segnali dei sensi arrivano al talamo che traduce i segnali per mandarli al cervello per analizzarli (via alta). Ma un sottile fascio di nervi collega direttamente il talamo all’ingresso dell’amigdala (strada bassa): questa è la scorciatoia che condiziona l’emotività. Il talamo traduce lo stimolo emotivo in dati cerebrali che vanno alla neocorteccia per essere elaborati, ma una minima quantità arriva direttamente alla memoria emotiva, l’amigdala appunto.
Quindi, anche se ci sembrano astratte, anche le emozioni (come i disturbi psichici), hanno un correlato neurobiologico. Guardate cosa succede a un cervello innamorato. Due scienziati hanno effettuato un esperimento “alla ricerca dell’amore”. I ricercatori, Andreas Bartels e Semir Zeki, hanno sottoposto il gruppo dei volontari a risonanza magnetica funzionale mostrando loro foto del proprio partener nel primo compito e nel secondo foto di uno sconosciuto della stessa età e sesso del partner. Lo sconosciuto in foto, per quanto avvenente, non attivava le stesse aree cerebrali che si attivavano alla vista delle foto del partner e i ricercatori ne hanno dedotto che quelli fossero i centri nervosi dell’amore in entrambi gli emisferi. Essi sono: una porzione dell’insula, il giro cingolato, l’amigdala e alcune parti della corteccia prefrontale.
Modificazioni cerebrali possono essere viste, sempre con la tecnica di neuroimaging, anche per la depressione. Dal punto di vista organico cosa causa la depressione sul cervello? La depressione causa una alterazione neurofisiologica su diverse aree corticali e aree come l'ippocampo (sede importantissima per la memorizzazione). Ecco la pet di due soggetti, uno depresso e uno normale: si può facilmente notare che il cervello del soggetto depresso ha un'attività molto ridotta.
L’astronomo Carl Sagan diceva che "sapere come funzionano le stelle, oppure l’essere andati sulla Luna, non toglie nulla alla poesia di un cielo stellato, anzi, la rende più affascinante". Probabilmente è così anche quando sappiamo quali zone del cervello si attivano provando un sentimento o un’emozione.
Alla luce di tutto quanto detto, si può affermare che “Su tutto è possibile esagerare tranne che sul fatto che la psichiatria si occupa dei cervelli, e se si occupa dei rapporti, delle esperienze, delle dinamiche sociali, si occupa lo stesso di cervelli, studiando altri punti di vista e altri tipi di manifestazioni.”(Dr. Pacini, Mediciitalia.it)
Questo viaggio attraverso la depressione, prevede diversi argomenti. Se vorrete, li potremo affrontare tutti, altrimenti andate a cercare l’argomento che più vi interessa... Intanto cominciamo dall’inizio..... Come comunicano i neuroni, le cellule del cervello, tra di loro? Quali sono le cause biologiche della depressione? Vi aspetto al prossimo post.